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WVF (Il Derby)

Pubblicato il 24 Dicembre, 2015 | da bolognain

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Alberto Mattioli: io, il boia?

Sono passati 12 anni dalla radiazione della Virtus Pallacanestro, ma la ferita è ancora aperta. Siamo andati a riascoltare uno dei “carnefici”

Era il 31 agosto del 2003 quando il Consiglio Federale della Federazione Italiana Pallacanestro revocò in via definitiva l’iscrizione della Virtus Pallacanestro. Con un termine più crudo: radiazione. Noti i fatti precedenti, l’atmosfera convulsa di quella domenica d’estate, l’appassionata arringa dell’Avvocato Porelli, il comportamento ambiguo di molti, la discesa agli inferi e la risalita. Una ferita ancora aperta. Allora si compilò una lista di buoni e cattivi, consiglieri che la Virtus l’avrebbero anche salvata (sei) e altri che invece vollero la sua scomparsa (undici) e fra i “cattivi” è sempre spiccato il nome di Alberto Mattioli, identificato dalla Bologna bianconera come il vero boia delle Vu Nere. Ma fu vera gloria al contrario? Ci fu un solo matador e quella virtus era senza peccati anteriori e pecche in quella estate torrida? La versione di Alberto Mattioli è chiara e qui la riportiamo, disponibili a qualsiasi replica. 

Lei a Bologna non è molto amato. Almeno dalla Bologna virtussina. 
«Fuori da Treviglio, dove abito, e tranne pochi amici mi amano in pochi. Forse perché sono stato sempre schietto».

Le si rimprovera di aver avuto un ruolo decisivo nella radiazione della Virtus dalla Fip nel 2003.
«Io ero solo uno dei consiglieri federali preposti al giudizio».


Ma era il più influente, ancora più del presidente Maifredi.
«Ogni persona un voto e io non ho condizionato nessuno».

Sul secondo gradino del rancore bianconero c’è Pietro Colnago, detto il Grande Illusore.
«Ripeto: una persona, un voto. Ogni persona, la rappresentanza di una categoria. Colnago forse non rappresentava neanche se stesso».

Però lei se ne è andato via prima degli altri, magari lasciando detto: fate i bravi.
«Ecco, appunto: se davvero avessi manovrato contro la Virtus non me ne sarei andato prima di aver concluso una mia eventuale manovra di persuasione. Me ne andai per una semplice ragione: perché da responsabile del Settore Squadre Nazionali dovevo raggiungere il gruppo azzurro a Berlino per poi partire verso la Svezia, dove avremmo disputato gli Europei. E lei se li ricorda bene, quei campionati».

La Virtus quell’ultima domenica di agosto era già condannata in partenza: allora perché far scomodare l’Avvocato Porelli fino a Roma per una sentenza che era già stata scritta?
«Andiamo con ordine. Quel giorno si parlava del caso Virtus per la terza volta in poco più di un mese e la radiazione era già stata decisa nella prima. A metà luglio, nel consueto Consiglio federale di valutazione delle ammissioni ai campionati la Comtec ci aveva segnalato le gravi mancanze della Virtus. La società venne avvertita e invitata ad adempiere per rientrare nei canoni federali. Nessuno fece niente. Ripeto: niente. Al Consiglio federale ritrovatosi il 4 Agosto non restava che la scelta imposta dal regolamento: la radiazione. Che venne poi confermata qualche settimana dopo. Gigi Porelli venne ascoltato ma la sua pur accorata difesa non poteva ribaltare una sentenza che non avrebbe potuto essere diversa».

Avevate però i poteri per modificarle, le leggi.

«In corso d’opera? Non ritenemmo fosse il caso e avremmo creato un pericoloso precedente. Di legggi ad personam ne abbiamo apprezzate ben poche, da una ventina d’anni a questa parte».

Quanto pesò il parere negativo della Lega Basket?
«Un voto e il parere dei club di Serie A incise solo per una parte su quello complessivo del Consiglio».

Lei si ricorda chi era Van der Willige?
«Un arbitro?».

Era l’arbitro che insieme a Kotleba diresse la scandalosa finale di Coppa dei Campioni di Strasburgo, nel 1981: Virtus letteralmente scippata del titolo a favore del Maccabi Tel Aviv.
«Ricordo e allora?».

Allora c’è il fatto che l’anno precedente Van der Willige era stato scoperto a tifare in maniera bestiale contro l’Italia in una partita del Torneo olimpico di Mosca. Insomma, uno che con noi aveva un po’ il dente avvelenato.
«E io che c’entro?».

Uscendo dal Consiglio Federale lei pronunciò la frase: “Per me la Virtus è morta nel 1971”, anno della salvezza bianconera agli spareggi di Cantù con Libertas Livorno e Biella. Insomma, qualche sospetto viene…
«Non ho detto quella frase, quel giorno. Almeno non lo ricordo e se l’ho fatto è stata con qualcuno che conoscevo bene e con il quale potevo tentare una battuta. Perché poi di quello si trattava: una battuta che scambiavo sempre con il mio amico Gigi Porelli, che la Virtus aveva iniziato a curare come una figlia proprio in quel periodo».

Colonna sonora: “E’ stata tua la colpa”, Edoardo Bennato.

Franco Montorro

(Foto Macron)

Sport / WVF (Il Derby)

24 Dicembre 2015

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