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Capolavori nascosti a Bologna
Nei musei e nelle chiese di Bologna ci sono opere capolavoro. Ma sembra che non lo sappiano quelli che dovrebbero promuovere l’immagine della città
Immaginate una città di medie dimensioni, non catalogata nell’opinione comune come “d’arte”, quindi non una Venezia, Firenze o Pisa. Se in questi centri più anonimi una chiesa o un museo ospitassero opere di Cimabue, Michelangelo e Raffaello, credete che al di là delle altre attrattive turistiche, chi si occupa di promozione dell’immagine della città non batterebbe forte su queste tre risorse? A Bologna, in queste condizioni, non accade e mentre si cerca un riconoscimento dall’Unesco per quei portici che un gruppo di imbecilli – i writer – degrada da patrimonio di tutti ad abominio di qualcuno, non si trova una chiave per sottolineare eccellenze che pochi hanno e come detto nessuno sfrutta. Ci si sdilinqua per la ragazza dagli orecchini di perla ma trova uno che dica che tutti i giorni dell’anno c’è altro, e di meglio, da vedere.
Ad esempio, in Strada Maggiore nella chiesa di Santa Maria dei Servi, quella più nota per il mercato di Santa Lucia, dietro l’altare maggiore c’è una tempera su legno, definita la Maestà e raffigurante la Madonna con Gesù bambino e due angeli. Opera databile fra il 1280 e qualche anno dopo, attribuita a Cimabue, un pittore che ha innovato la pittura italiana e che Dante ha considerato come il più grande del suo tempo:
«Credette Cimabue nella pittura tener lo campo, ed ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui è scura» |
(Dante Alighieri, Purgatorio XI, 94-96) |
Infatti è stato anche il maestro di un certo Giotto, non di Teomondo Scrofalo. Ma chiedete ad un commerciante che magari alle elementari ha disegnato con le matite colorate Giotto, quelle con sulla scatola l’immagine del ragazzo che davanti al noto artista disegna perfettamente una pecora, dalle parti delle Due Torri se sa dire ad un turista dov’è la Maestà. Non vi preoccupate, c’è di peggio.
Franco Montorro
26 ottobre 2015