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Comunicare = Informare? No
Due espressioni che ingannano, perché appaiono esprimere lo stesso concetto. In realtà, una riguarda la maniera più evoluta di trasmettere le notizie
Una volta scelto il nome bolognain per questo sito, non ho avuto molti dubbi su cosa scrivere dopo il punto, la cosiddetta estensione. Mai pensato a com, che più che alla parola comunicazione fa riferimento a commercio. Info era perfetto per lo scopo prefisso di chi ha ideato questa iniziativa.
Si continua infatti a fare una confusione di fondo, soprattutto sul web, fra i verbi comunicare e informare o se preferite sulle parole comunicazione e informazione, sembrano la stessa cosa ma in realtà una è una forma più evoluta dell’altra, a partire dal significato originale.
Comunicare vuol dire rendere comune, trasmettere, con l’origine latina delle prime tre lettere in quel “cum” che significa con. In maniera analoga, la comunicazione è l’atto del dire qualcosa ad un altro.
Informare invece vuol dire modellare secondo una forma e per i primi Padri della Chiesa aveva anche il significato, di insegnare, istruire e il significato oggi più comune è quello di dare notizie, che secondo uno studio etimologico della lingua italiana si spiega attraverso il passaggio dal linguaggio filosofico (“dare una forma”) al linguaggio giuridico (“istruire un processo informativo”)
Semplicemente la comunicazione è materia prima, ma non sempre; l’informazione è sempre materia grezza lavorata e infatti le facoltà di Scienze della Comunicazione dovrebbero almeno sdoppiarsi comprendendo le Scienze dell’Informazione, che nel caso dei giornalisti professionisti sono anche regolate da precise norme deontologiche. Non è un discorso di casta, benedetto l’Articolo 21 anche se spesso usato a sproposito, che inizia così: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Manifestare, appunto.
Non sostengo che anche se l’informazione è un passaggio in più dalla base del comunicare la verità stia sempre e solo da una parte, perché dipende dalla persona che esercita una delle due attività o tutte e due insieme, dalle sue capacità soprattutto, però in questo periodo di deregulation totale e di disfacimento – anche di immagine – della professione di giornalista, tengo cara la considerazione che chi diventa professionista un suo processo formativo lo ha percorso per arrivare a quella sorte di laurea breve che è l’esame di ammissione all’ordine. Poi c’è chi si è fermato alle Medie dell’informazione e ha tutto il diritto di dire la sua e a volte lo fa alzando la voce, anche solo figurativamente. Ma, ditemi, doveste farvi curare, preferireste affidarvi a un famoso professore o a un apprendista stregone. E per costruire la vostra casa, scegliereste un architetto e un ingegnere iscritti al loro ordine o uno studente ancora alle Superiori?
In conclusione, la comunicazione è spontaneità, l’informazione è ragionamento perché lo richiede l’esercizio della professione. Poi la qualità paga sempre, nell’informazione come in tutte le altre cose della vita
Franco Montorro
1 Novembre 2015