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Dai playground alla playstation
Oggi sentirsi dare del “giocatore da playground” è quasi… un’offesa. Mentre certi campetti storici di Bologna restano desolatamente vuoti
Il Primo Maggio, alle 15.45, Stefano Michelini scatta questa foto del campetto ai Giardini Margherita di Bologna – sì, quelli del famoso torneo playground estivo – e poi la posta su Facebook con questo commento: «Gradi 15, terreno in ottime condizioni… PRESENZE 0». E’ una constatazione amara, che scatena subito reazioni fra il nostalgico e lo sconsolato, del tipo: “Non c‘era il sole, erano tutti a giocare alla playstation”. Parole di un altro grande della pallacanestro italiana: Gigi Serafini.
Aggiunge Marco Bersani: «Per noi il campo, (il mio era il Savena), era un luogo di ritrovo a prescindere, c’erano tutti gli amici, poi giocare era un’esigenza vitale, dovevi anche mantenere il tuo status, scaricarti, incazzarti con chi sbagliava l’ultimo tiro o cacciava via l’ultimo pallone e ti costringeva ad aspettare il prossimo giro, invece di continuare a giocare. Le partite del sabato pomeriggio erano attese per tutta la settimana, al pari di quelle del campionato, si giocava anche prima o dopo le partite di campionato, poi se giocavi la domenica mattina era una sgambata. Insomma era una vera e propria ragione di vita, che ci ha anche permesso anche di non perderci per altre strade come è capitato a tanti della mia età: Magna, Mirko quelli a cui tenevo di più. Adesso non sento quel fuoco ardere dentro però, faccio di tutto per provare a trasmettere questa passione, spero di farlo al meglio, e spero che i campetti si possano nuovamente riempire…».
In tutte queste parole si coglie il distacco generale di chi ha iniziato a giocare per strada e non necessariamente in un campo da basket, ma soprattutto in un cortile, e quelli che preferiscono divertirsi in maniera virtuale. E se per certe realtà si può invocare l’obbligo a non praticare sport in mancanza di strutture adeguate, così non dovrebbe essere a Bologna, che pure non è messa benissimo per quello che riguarda gli impianti sportivi. Ma così è perché nell’era del preconfezionato si è perso il gusto del basket inteso come gioco e oggi “giocatore da playground” è quasi una definizione da offesa, per i sacerdoti del gioco tutto schemi e tattiche. Poi scopri che la pallacanestro è la disciplina con il maggior numero di abbandoni dell’attività nel periodo teenager (13-19) anni e quella che invece mantiene il più alto numero di praticanti a qualsiasi livello negli “anta”, quando hai capito che il basket può continuare ad essere un divertimento. Dentro o fuori e se fuori, pronti ad aspettare il prossimo turno.
Franco Montorro
2 Maggio 2016