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Fenomenologia di Ettore Messina
E’ il migliore allenatore italiano di basket di tutti i tempi e ha un sogno: fare i Giochi. Se non lo fanno Ct per il preolimpico, noi non abbiamo mai capito niente di basket
Gli spocchiosi milanesi d’antan citeranno Cesare Rubini, che però insieme a Sandro Gamba fa parte della preistoria cestistica. Altri parleranno del multiforme Valerio Bianchini, che entra appena nell’età moderna o Carlo Recalcati, che entra nella contemporanea e che è forse quello che h realizzato i risultati più sorprendenti, che non significa i migliori. Lasciamo stare Simone Pianigiani, che ha avuto forti radici senesi e scarse ali azzurre. No, il miglior allenatore italiano di basket di tutti i tempi è Ettore Messina e a lui deve obbligatoriamente essere assegnata la Nazionale per il Preolimpico di qualificazione a Rio 2016. Con una motivazione in più, oltre alla bravura assoluta: ne ha una voglia matta, Ettore, di “fare” le Olimpiadi. Lo ha sempre sognato, deve provare ad esserci, non può che essere lui a riportare Azzurra ai Giochi 12 anni dopo Atene.
Ettore Messina diventò allenatore quando Tonino Zorzi nelle giovanili a Venezia lo vide sbagliare due liberi decisivi e lo consigliò di sbagliare mestiere. Detto, fatto. A 23 anni, studiando da allenatore, era già vice in Serie A di Massimo Mangano a Udine. Poi, il trasferimento a Bologna, assistente di Alberto Bucci e assistito da Gigi Porelli. Sarà ancora il secondo di Sandro Gamba, Kresimir Cosic e Bob Hill, diventando – definizione di Dan Peterson – il “Numero 1 dei numeri 2”. Dopo poco, diventa un Numero 1 dopo pochissimo, il “Numero 1 dei numeri 1”.
La sua carriera dal 1989 ad oggi è nota e per quello che riguarda il suo rapporto con la Nazionale inizia quando nel 1991, per gli Europei di Roma, l’allora Ct Sandro Gamba lo coinvolge per lo scouting delle avversarie. Ed io scrivo: «Un giorno Ettore Messina sarà l’allenatore della Nazionale e se lo diventerà mi dovrà almeno un caffè». Me ne ha offerti tanti, me ne ricordo uno in particolare, a Praga, nel 2005, quando la mattina della finale fra il suo Cska Mosca e il Maccabi Tel Aviv mi chiamò in albergo al tavolo della colazione, insieme al suo vice Lele Molin. Un giornalista con il coach a poche ore di una partita decisiva… E lì, nel mio ricordo, si confermò la sua grandezza di analista, perché più o meno affidò all’assistente un compito. Spiegandolo così: «Il palazzo sarà pieno dei loro tifosi che fanno un chiasso infernale, tu ricordati di dire ai ragazzi di stare tranquilli all’inizio quando loro partiranno forte per esaltarsi e in qualsiasi altra occasione della partita se dovessero essere in rimonta». Quello che accadde: israeliani via con il botto, poi ripresi. A loro volta di nuovo sotto di poco a inizio ripresa, con gli spalti in eruzione, e di nuove ricacciati sotto».
Questo è Ettore: lui da stratega sta ad un allenatore come uno statista sta ad un politico. Altra classe, altro passato, altro presente e per la Nazionale con lui alla guida, altre prospettive. In Italia, dalla torre di controllo della NBA, ha due possibili e spero probabili controllori di volo nel Belpaese: Vitucci e Consolini. Vai Ettore, vieni Ettore, portaci a Rio.
Franco Montorro
4 Novembre 2015