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In Città

Pubblicato il 24 Ottobre, 2015 | da bolognain

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Gli Officeless negli ipermercati

Arrivano dopo quelli del cappuccino e prima di quelli del self service. Si siedono ai tavoli dei centri commerciali, tirano fuori il computer dalla borsa e lavorano

L’orario di ufficio va a giorni alterni, dalle 9 alle 12 e poi dopo le 14.30, mai durante la pausa pranzo perché quella appartiene agli altri, a quelli che i tavolini  del Centro Borgo o dello Shopville li usano per fare colazione. Non per lavorare come fa invece la sparuta, ma in crescendo, schiera dei “Precari dell’Iper”. Ancora poche decine in assoluto, sparpagliati nei centri commerciali di Bologna e dell’hinterland in tempi e con modi diversi, tranne che per la non presenza più obbligata che giustificata all’ora di pranzo. Precari senza un posto di lavoro, non giovanissimi, tutti ex impiegati o dirigenti e “computerdipendenti”, attratti dai vantaggi, dai risparmi, dalle opportunità di poter lavorare fuori di casa in un non luogo.

«Il primo, grosso vantaggio è la rete wi-fi messa gratuitamente a disposizione negli iper – spiega Mauro (nome fittizio come tutti gli altri), 56 anni, ex Responsabile Agenti in  un’azienda – non possiamo più fare a meno del computer e della connessione ad internet. Di carta ormai ne serve poca e può essere sempre stampata in altro momento, ma soprattutto chi è nelle nostre condizioni di precarietà di lavoro ha bisogno invece di essere connesso il più possibile».

In un iper si può fare per quasi dodici ore al giorno, basta solo sedersi ad un tavolino di bar senza nemmeno l’obbligo della consumazione. «All’inizio prendevo sempre almeno un caffè, giusto per non sentirmi in colpa – ammette Enrico, 43 anni, in uscita da una ditta di abbigliamento – adesso la tazzina è semmai una pausa. Vengo a lavorare qui per la connessione e per non stare chiuso in casa a immalinconirmi. per sei mesi l’ho fatto a domicilio, ma con mia moglie che aveva in quel periodo gli stessi miei problemi di impiego e dopo un’ora anziché farci forza a vicenda finivamo per litigare».

«Dopo un po’, a casa, mi ero imbarbarito – aggiunge Mauro – perché lavorare in pigiama o con la barba lunga non fa per me, abituato come ero al confronto con la gente, fuori e dentro l’azienda. Così, quando per caso ad un tavolo di un iper ho visto gente in giacca e cravatta e computer a mano dialogare e lavorare, mi sono incuriosito e ho scelto l’ufficio mobile. Non tutti i giorni e non sempre nello stesso posto, anche se a Bologna ho delle preferenze. Il migliore, come spazi, è il Centro Borgo, poi il Centro Nova. Sono distanti, ma a me vanno bene, perché lavoro ad esempio con gente che viene da Modena o da Imola ».

Il rapporto con gli altri frequentatori dei centri commerciali è parallelo: «La vera curiosità l’ho suscitata il giorno in cui un pensionato mi ha visto usare le dita sul mio iPad – dice Francesco, 52 anni, assicuratore – per il resto sono abituato al quartetto di signore che dietro di me giocano a Briscola come a tutti quelli che vengono a sedersi per mangiare una piadina o bere un caffè e loro sono abituati a me, anche se preferisco cambiare, non fossilizzarmi in uno stesso posto e allora per me che abito a Santa Viola va bene andare una volta a Borgo Panigale, una al Centro Lame, una a Casalecchio».

«L’unico rischio è incontrare qualcuno ancora operativo in ufficio – confessa Mauro – e al di là dei tavoli occupati da chi mangia questa è anche la ragione per cui io non vado mai in un iper all’ora di pranzo. Mi scoccia l’idea di essere visto, riconosciuto e identificato come un ex, anche se poi quello in realtà non sono. Diciamo che non mia va di confrontarmi con il passato. Da quando ho l’iPad faccio un po’ il paraculo e probabilmente sbaglio, perché mi illudo di essere visto più come un giocherellone che uno alla ricerca di nuove opportunità di lavoro. Mi illudo, perché riconosco benissimo gli altri nella mia condizione e so di essere riconosciuto come uno della tribù dei precari in appoggio. In appoggio ad un tavolo da cappuccino prima e da pizza da asporto dopo».

Enrico aggiunge: «Riscaldamento d’interno e aria fresca d’estate, wi-fi gratis sempre. Un po’ mi dispiace andare a scrocco e infatti, regolarmente, oltre al caffè al bar quando esco qualcosa al supermercato lo compro sempre. Magari di inutile e poi mi ritrovo a pensare che negli iper il wireless non l’hanno proprio messo per sola carità e che quegli yogurt li ho presi anche perché lì c’era un ufficio che più mobile non si può».

Augusto Rusconi

Attualità / In Città

24 ottobre 2015

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