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Opinioni

Pubblicato il 2 Novembre, 2015 | da bolognain

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Il coordinatore di uomini

E’ la definizione degli allenatori inventata da Bruno Pace. Perfetta per Donadoni

Era da quando Stefano Pioli subentrò a Bisoli, ottobre 2011, che un nuovo allenatore non vinceva la prima sulla panchina del Bologna. Ci è riuscito di nuovo Roberto Donadoni, bergamasco, ex ct della Nazionale, che ha visto i rossoblù sbarazzarsi dell’Atalanta, il club con cui debuttò tra i professionisti, con un 3 a 0 meno perentorio di quanto il punteggio non dica.
Al di là dell’esito della gara, fin troppo generosa con i nostri colori, ne sono molto contento. Da sempre stimo Donadoni, che non ho avuto la fortuna di conoscere personalmente.
Da giocatore mi regalò una serata da protagonista assoluto, che forse ricorderete. Capitò non con il Milan, con la cui maglia ha vinto tutto, ma con la Nazionale. Si giocava a Wembley un’amichevole e Donadoni ne fu il protagonista assoluto. Finì zero a zero ma quell’ala dalla tecnica sopraffina e dall’ostinata difesa del pallone, fece ammattire la difesa britannica e uscì tra gli applausi di tutti, tifosi e avversari. Secondo una indiscutibile sportività propria della cultura anglosassone, gli fu riconosciuto il ruolo di Most Valuable Player nonostante il nulla di fatto.
E da allenatore? E da commissario tecnico azzurro?
C’è da sempre una definizione del ruolo di tecnico che dette un nostro antico amico, Bruno Pace, ala di grande estro del passato glorioso rossoblù. “L’allenatore in serie A è un coordinatore di uomini”. Coordina anime. Appropriato. Chi arriva in serie A è già laureato all’Università del Calcio. Si iscrive a un Master. Fondamentale creare un’empatia tecnica e umana, esaltare – a maggior ragione dove mancano i fuoriclasse assoluti – il mutuo soccorso.
A mio modo di vedere Roberto Donadoni è un uomo di calcio fatto per esaltare questo oscuro compito. Poche parole pubbliche, molti fatti e molte relazioni, chiare, all’interno dello spogliatoio.
Non si è smentito, Roberto, al debutto col Bologna. Primo tempo da brivido, comprensibili le fatiche psicologiche del gruppo giovane dopo la bocciatura, eccessiva, con l’Inter. Tossine presenti in tutti, e più di tutti in Ferrari, legato a Delio Rossi, evidentemente, il tecnico che ha creduto in lui più di ogni altro.

Belle anche le parole del “subentrato”: «La prima cosa che ho capito ha detto – è che il gruppo aveva bisogno di tutto tranne che di confusione. Così ho evitato di sostenere i miei punti di vista tattici». Campione di pragmatismo, Donadoni. Avrà modo di intervenire – e di lavorare – alla sosta. Prima, è atteso al sabato di fuoco del Bentegodi, match importante per risalire la china. Difesa a tre col Verona? E’ un’ipotesi. Lasciamo lavorare il manovratore e salutiamo Delio Rossi, uscito di scena per colpe non sue. Con stile. Non è da tutti.

Diego Costa

Opinioni

2 Novembre 2015

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DONADONI

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