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“Il fiero pasto”
E’ il titolo di un importante saggio sul cannibalismo nel Medioevo. A scriverlo, una figlia d’arte: la madre infatti è Danila Comastri Montanari
“La bocca sollevò dal fiero pasto”, così Dante nel XXXIII canto della Divina Commedia inizia a descrivere la figura del Conte Ugolino Della Gherardesca che sta divorando la testa di un suo nemico, il vescovo Ruggieri degli Ubaldini che lo ha condannato a morte e fiero ha il significato di animalesco, feroce. “Il fiero pasto” è anche il titolo di un libro di 256 pagine sulle antropofagie medievali scritto da Angelica Aurora Montanari e appena pubblicato per Il Mulino. Arguto nel titolo inquietante nell’analizzare tanti fenomeni legati al cannibalismo, in Europa, in un periodo storico ingiustamente bollato con l’etichetta “secoli bui”, ma che in realtà, soprattutto dall’anno Mille in poi rappresentò un’epoca di grande sviluppo sociale e culturale. In un contesto di civiltà sempre più diffusa, l’antropofagia, il cibarsi di carne umana non era solo figlio della fame (in un’altra celebre espressione della Commedia, la disperata scelta di Ugolino di cibarsi delle spoglie dei figli morti in prigione con lui è sintetizzata dalle parole “Poscia, più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno”), ma assumeva di volta in volta i connotati dell’offesa ai rivali durante una guerra oppure aveva implicazioni affettive, scaramantiche, addirittura scientifiche perché le spoglie venivano anche impiegate per produrre specialità mediche. Con un indotto, diciamo così, di presunte stregonerie, vere sette, riti macabri che Angelica Aurora Montanari descrive con il distacco dello studioso, pur conscia di trattare un argomento che non è – se possiamo fare una battuta sdrammatizzante – per gente di palato fino.
Angelica, che ha conseguito il dottorato all’Ecole des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, dopo aver collaborato con la UFF-Universidade Federal Fluminense di Niteroi (Brasile), attualmente lavora al Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bologna, sede di Ravenna. E’ figlia di Danila Comastri Montanari, la squisita autrice del canone di Publio Aurelio Stazio, un investigatore nell’antica Roma. Mamma Danila giustamente gongola, al pensiero della figlia su un percorso librario parallelo al suo, nel senso che alla finzione sostituisce lo studio rigoroso, anche se i suoi gialli hanno comunque il pregio della perfetta ed istruttiva ricostruzione storica. E come tutti i genitori si augura che il suo nome venga associato in maniera diversa a quello della figlia: Danila Comastri Montanari? E’ la mamma di Angelica Aurora Montanari, la storica. «E’un libro abbastanza atteso – ci dice Danila – in quanto si tratta del primo in Europa sull’argomento dell’antropofagia e come saggio accademico è assai particolare, basti pensare all’argomento».
Franco Montorro
11 Novembre 2015