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Kalinka, il fior fiore dall’ Est
E’ stato il primo negozio a Bologna a importare prodotti alimentari da Russia e paesi confinanti e ancora oggi rappresenta un punto di riferimento, anche per i consumatori italiani
Una sera, a Miami, il mio amico di lunga data Keyvan Antonio mi portò con la sua ragazza in un ristorante che si chiamava “Zuperpollo”, con la Z. Il cameriere mi propose la specialità tutta centroamericana – parole sue- dei tortellini e il rifiuto immediato mi ha sempre provocato un po’ di rimpianto nel non aver mai saputo che razza di piatto fosse. Poi: abbiamo ceduto tutti al principale peccato dell’Italiano in vacanza all’estero, andare almeno una volta in un ristorante tricolore, fosse anche solo per bere un caffè né annacquato né polveroso (come in Grecia e Turchia). Diverso il caso di chi fuori dai nostri confini ci resta per un periodo più lungo e prova a cucinare come faceva la mamma e se ci riesce è anche perché trova la materia prima: il cibo. Vale anche per chi viene a risiedere in Italia, che collega i sapori di casa sua ai ricordi natali. Come nel caso dei numerosi nativi dell’Est europeo, diverse migliaia anche a Bologna, che cercano odori e gusti che avevano in Moldovia o Romania, in Polonia o in Ucraina.
Per loro un sicuro punto di riferimento a Bologna è Kalinka, in Via Galliera 63, uno dei primi se non il primo in assoluto dei negozi alimentari (più qualche gadget) dei paesi sopra citati aperto a Bologna. Non è più il solo, non è il più economico e molti preferiscono aspettare gli arrivi settimanali di merce alla Rotonda Massarenti, ma per alcuni prodotti continua a rappresentare comunque un’eccellenza che piace anche a chi è nato all’ombra delle Due Torri.
Kalinka è il nome russo di quella pianta, e dei suoi frutti, che da noi si chiama viburno, ma soprattutto è il titolo di una canzone famosissima fin dalla sua composizione nel 1860, anche nel resto del mondo: dopo aver acquistato la squadra di calcio del Chelsea il magnate russo Roman Abramovich la fa suonare prima di ogni gara casalinga.
Tetyana è ucraina, a Bologna già da diversi anni e parla benissimo l’Italiano e quando per dire “basta” la senti dire “bona” capisci che ha già fatto progressi anche nella conoscenza del dialetto bolognese. E’ lei a guidarci nella cucina dell’Est, con base di partenza e capolinea al Kalinka. Una sola premessa: la traduzione fonetica può essere inesatta, ma il nome si comprende.
La cucina ucraina risente molto dell’interscambio nei secoli con Russia e Polonia, a partire dagli ingredienti base: pane, frumento, funghi, barbabietole, carne “povera” per preparare piatti spesso speziati e ipercalorici. Cibi che possono apparirci strani nelle loro combinazioni e nella quantità con cui vengono preparati, ma che a volte sorprendono non è detto che sconcertino.
«Il Borsch è una zuppa di barbabietole – spiega Tetyana, citando ricette la cui preparazione ai tempi di internet è alla portata di tutti – insaporita da erbe e odori e da brodo di manzo, arricchita dal Kvas, che è un succo di barbabietola fermentato. I Galushki sono invece cubetti di pasta accompagnati dalle pancetta affumicata. Poi ci sono i Pirogi o Pierogi (nella foto), involtini di patate cotti in acqua salata e conditi con burro fuso e panna acida. Ed è molto buona anche la Solyanka: anguilla al forno con cavolo, cetrioli, olive e pangrattato. La Kovbasa invece è un piatto a base di salsicce di maiale fatte con spalla, girello e lardo cotte nel brodo e accompagnate dal purè di patate».
Sumiclezia
31 Ottobre 2015