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La cosca dei barbari
La ‘Ndrangheta dove non te la aspetti: nel cuore dell’Emilia. Una giornalista coraggiosa ha aiutato gli inquirenti a fare luce sul malaffare
Sabrina Pignedoli è ancora una ragazza, almeno dal mio punto di vista, ma brava e già esperta. Per il Resto del Carlino ha scritto sulle infiltrazione delle “famiglie” calabresi a Reggio Emilia (ma non solo). Con coraggio ha resistito a pressioni e minacce riuscendo ad aiutare le autorità competenti nelle indagini per la lotta alla mafia nella nostra regione, per poi raccogliere il riassunto dei fatti nel libro “Operazione Aemilia. Come una cosca di ‘ndrangheta si è insediata al Nord”. Ne ha parlato durante un incontro organizzato dall’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna, non una conferenza stampa ma una vera e propria lezione. Anche di coraggio.
Sabrina non si è lasciata intimidire, anzi, una volta superata la sorpresa sull’identità di certi personaggi che mai e poi mai avrebbe immaginato legate al malaffare. «Mi sono sempre occupata di cronaca nera e giudiziaria. Ho iniziato a studiare il fenomeno mafioso nel 2011 – ricorda – e pian piano ho iniziato ad arricchire un archivio fatto di schede di tutte queste persone arrivate in Emilia. Nate quasi tutte nello stesso paese in Calabria se non legate da vincoli di familiarità. E quando ho letto gli atti dell’inchiesta Pandora condotta dagli inquirenti di Catanzaro, ho trovato numerosi riferimenti e collegamenti con Reggio e l’Emilia. Non mi sento un eroe, ho fatto quello che dovevo fare».
«Naturalmente intanto scrivevo di quello che stava succedendo. Un giorno mi è arrivata una telefonata da Domenico Mesiano, poliziotto, responsabile dell’Ufficio Stampa della Questura di Reggio Emilia che si lamentava perché a suo dire avevo scritto male di un suo amico. Amico calabrese che come altri aveva partecipato ad una cena sospetta e poi infatti erano finiti tutti inquisito o sanzionati per la loro attività. Mi dice di smetterla o farà in modo di tagliarmi gli alimenti. Ero alle prime armi, con contratto a tempo determinato, quindi a particolare rischio. Ho pianto, poi mi sono arrabbiata per come ero stata trattata. Ne ho parlato con i miei superiori al giornale, che mi hanno espresso la massima solidarietà e consigliato di rivolgermi al PM. Cosa che ho fatto».
«La mafia non viene tutta dal Sud, è un sistema che può essere interpretato anche da sola gente del Nord, oppure un misto con un malaffare preesistente e che condiziona interessi non solo economici, quindi non solo fatturazioni o concessioni, ma anche la composizione di liste elettorali per le amministrative». E giù una lista di sindaci, vicesindaci, assessori coinvolti, compreso quello oggi al Governo che prima della consultazione per la sua elezione si fece un viaggio fino a Cutro, 10.000 abitanti in provincia di Crotone. Nella provincia di Reggio ne sono residenti altrettanti. A pensar male si fa peccato, ma…
«La ‘Ndrangheta non spara, ma brucia. Automezzi ad esempio. Poco tempo fa sono stati dati alle fiamme nove camion in provincia di Reggio Emilia, il più grande incendio in Italia. La ‘Ndrangheta però agisce di preferenza in silenzio e di concerto con politica ma anche massoneria e la colpa è soprattutto di chi, qui, ha permesso che si infiltrassero – e sono 32 anni che lo fanno – spalancando le porte. Loro si comportano in maniera subdola, con la stampa, ad esempio comprando favori, come quelli di sostenere la tesi che le inchieste della magistratura colpiscono per razzismo: sì alle Coop, no ai Calabresi».
Finora abbiamo parlato di Reggio Emilia come epicentro di questo terremoto di malaffare e connivenza e infatti lì il prossimo febbraio dovrebbe entrare nel vivo il processo a completamento dell’operazione Aemilia. Ma le ramificazioni della ‘Ndrangheta sono arrivate anche a Bologna, come per il caso della commercialista Roberta Tattini, indagata in concorso esterno ad associazione mafiosa, estorsione e indebito possesso di armiprofessionista che è stata usata e poi in un certo senso abbandonata, perché abile nella creazione di società all’estero che avrebbero rimandato a fondi svizzeri e perfino affascinata – le intercettazioni telefoniche lo confermano – dall’improvvisa visita nel suo studio di un boss detto “Il Sanguinario”. Agghiacciante è il contenuto di un’altra telefonata intercettata, quando si prospetta la caduta del suo castello di carte e lei si rivolge ancora ad un mammasantissima in questi termini: «Ricordatevi bene, visto che siete uomini d’onore! Perché ho paura che io sto dentro vent’anni… Io voglio i vostri avvocati, però mi tirate fuori, ebbè, è il minimo…».
Massimo della pena, verrebbe invece da invocare, al termine dell’applauso per Sabrina.
Franco Montorro
11 Dicembre 2015