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La lezione di Marocchi
Accusato di trattare male il Bologna in TV, l’ex calciatore si difende in maniera inequivocabile. Almeno per chi non ragiona soltanto da tifoso
Segnaliamo questo bell’ articolo del collega Simone Monari, che abbiamo letto e apprezzato nelle pagine bolognesi di repubblica.it che conferma la teoria – non solo nostra – che il giornalista debba fare il giornalista e il tifoso il tifoso.
«Quando il Bologna ha annunciato l’arrivo di Donadoni, col suo sorriso placido in studio a Sky, dove da anni ormai è una prima voce, Giancarlo Marocchi ha commentato: “Bene, ora l’abbiamo tolto dal mercato”.
Del resto lo sanno tutti, o quasi, dove batte il suo cuore. Sui social però sono in tanti a dubitarne. “Il gobbo Marocchi”, seduce il giusto certi smanettoni del web di fede rossoblù. “Ma se mi danno dello juventino provo quasi piacere”, dice lui che visse gli otto anni a Torino come il coronamento di una carriera da copertina, col primo scudetto dell’era Lippi, la Champions, due Coppe Italia, due Uefa, come si chiamava allora. “Io alla Juve sono stato benissimo”, rincara.
Bologna resta l’amore di una vita, e quei colori, il rosso e il blu gli hanno scandito l’infanzia. “Andavo al Comunale due ore prima che s’iniziasse, fra i distinti laterali e la San Luca, e lo stadio si riempiva, molto prima del via. Solo la tribuna restava vuota e io la guardavo con un pizzico d’invidia, senz’altro inferiore a quella che provavo per i ragazzi che mentre prendevo posto entravano in campo per il sopralluogo di rito. E ovviamente io sognavo d’imitarli. Adani-Roversi-Cresci”, scandisce. “Ho i ricordi dell’ultimo Bulgarelli, quello che faceva il libero, ma restando allo stadio così tanto ascoltavo le rievocazioni degli anni precedenti, Haller, Nielsen, lo scudetto del ’64, è come se sommando tutti quei pomeriggi avessi vissuto più epoche”.
Adesso è un’altra cosa: il suo compito è cambiato. “A parte il fatto che anche quando giocavo nel Bologna non sempre venivo riconosciuto per quello che realmente ero, diciamo pure che io sono un tifoso del Bologna ma a casa mia, al massimo in studio, quando si commenta, ma mai durante una telecronaca”. Al sentimento, prevale oggi la didattica. Anzi, il dualismo neanche si pone. “Se riesco a portare qualche strumento per aiutare anche una sola persona a capirla meglio, quella partita, beh, son già contento. Quello è il mio compito”.
E pazienza se sui forum o sui social piovono insulti a ogni telecronaca. “Succede anche a Bergomi, di fare arrabbiare i tifosi dell’Inter”. L’ultima volta a Marocchi è capitato sabato sera, Torino-Bologna. “Il rigore su Mancosu? Effettivamente che potesse starci l’ho detto al ventesimo replay, vero. Il fallo di mano di Belotti invece l’ho colto al volo, però attenzione, detto quello, bisogna anche fargli i complimenti perché bravo è stato bravo, o non si può dire?”.
E qui subentra un altro aspetto, diciamo pure molto british e molto condivisibile, almeno a giudizio di chi scrive, e ci riferiamo all’idea di vivisezionare il calcio senza morbosi e quasi pornografici accanimenti nei confronti degli arbitri. “Che sbagliano, per carità, ma come tutti. E allora io se penso che una partita che ha rasentato l’epica come quella fra Bologna e Roma è stata ridotta ad un’esegesi sulla conduzione di gara di Rocchi, beh, a me ‘sta cosa mette tristezza. Che poi diciamolo, il gol di Mounier era valido, ma lì l’errore è dell’assistente, il rigore provocato dallo stesso Mounier giustamente è stato sanzionato, come c’era quello analogo ieri a Firenze che però non è stato fischiato. E se vogliamo c’era il mani di Diawara, non visto”.
Al solito, l’obiettività prima di tutto, o quantomeno la sua costante ricerca. E forza Bologna, sì, però quando la sera rincasa verso Santo Stefano. “Ma quando ho sentito il taxista dirmi che il Bologna a Torino gli era piaciuto, beh, a quel punto mi sono arreso”».
Redazione bolognain.info
3 Dicembre 2015