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L’Armata Brancaconiglio
La peggiore Virtus di sempre. La più insulsa, la più caotica o per dirla alla bolognese, con una parola che riassume tutto, la più “trista”
Seguo la pallacanestro come appassionato dalle Olimpiadi di Monaco del 1972 e come giornalista dal 1985, quindi ne ho viste di cotte e di crude, ma una squadra trista come questa Virtus mai e poi mai e trista in un campionato di Serie A il cui livello ha continuato ad abbassarsi da una decina di anni a questa parte in maniera inarrestabile. Voglio dire: sei tristo negli anni ’80 e ’90 e beh, c’è tanta roba ad alto livello. Sei tristo nel 2015: sei tristo e basta, ma molto, molto.
Squadra senza capo né coda, senza ruoli definiti se non quello di Pittman: ma perché è il più alto e cosa gli vuoi far fare se non il pendolo sottocanestro? Fontecchio che non rischia di diventare il Portesani del Terzo Millennio, perché la carica è già stata affidata a Imbrò e insomma: comprimari come Diacci, Setti e Clivo Righi oggi giocherebbero da titolari così come Greg Stokes e Owen Wells (pace all’anima sua).
Per Claudio Pea la prima Virtus di Messina aveva più culo che anima. Questa non ha né anima né culo, ma in particolare non ha timonieri. Porelli, Cazzola, evabbeh Madrigali e i loro sottoposti, ma qui…
Sia ben chiara una cosa: la Virtus non è tenuta a vincere lo scudetto ogni anno, ma ad entrare nei playoff sì. E se c’è chi sta peggio di lei, storicamente parlando delle grandi squadre del periodo 1990-2005, qualcuno dovrebbe spiegare perché davanti a sé questa Armata Brancaconiglio ha regolarmente e a rotazione realtà come Trento, Cremona, Sassari, Brindisi, Avellino.
Tristezza a pallate. Non a palate. Pallate di critica che andrebbero indirizzate contro chi gestisce le cose – la Fondazione e la dirigenza diretta, senza tanti giri di parole – che ha magari tappato i buchi del pallone. Ma non è in grado di rigonfiarlo. In mediocritas stat Virtus e bona lè.
Franco Montorro
28 Dicembre 2015