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Le Tre T non sono più quelle
Bologna è stata a lungo un’isola di sviluppo, come Amsterdam o San Francisco. Un primato che è andato perdendosi
Anni fa uscì un bel libro dell’economista Richard Florida imperniato sul concetto delle Tre T come base essenziale per ogni luogo di “felice sviluppo”, individuandone alcuni nella storia e nella cronaca. Le Tre T erano quelle di Talento, Tecnologia e Tolleranza, chiavi di volta di qualsiasi processo di sviluppo pari al progresso. Bologna era nominata fra queste isole felici, al pari di Amsterdam e San Francisco per citarne solo due. Per mantenere questo livello, per aumentarlo o riconquistarlo c’è bisogno però del concorso di tutti, indipendentemente dall’età e dal sesso, che pure ancora sono in diverse maniere fattori discriminanti. Andrebbe dunque incoraggiata e facilità la disponibilità di ognuno a farsi parte di un progetto diffuso, casella di un mosaico che deve portare al nuovo “capolavoro” Bologna. Bologna repubblica, nell’accezione originale del termine: res publica, cioè cosa pubblica. Cosa, bene, comune.
Bologna è un atomo di importanza centrale e come tutti gli atomi scomposto in particelle più piccole, ognuna delle quali, con la stessa forza di attrazione fra le particelle, in natura, deve essere autosufficiente ma fortemente legata alla sua unità.
Bologna deve prima di tutto riguadagnare coscienza della sua forza e della sua importanza, il che non comporta né causa idee di autosufficienza e indipendenza perché la sua vocazione e la sua fortuna sono sempre state quelle città al centro di grandi movimenti e di grandi trasformazioni e con la fortuna meritata, nei secoli, di non risultare solo un punto di naturale passaggio, ma uno di arrivo, partenza e ritorno.
Il Talento e la Tecnologia iniziali sono sublimati nell’Università più antica e ancora oggi migliore d’Italia (lo dicono all’estero, non in Piazza Verdi), nelle sue sottostimate bellezze artistiche, nell’eccellenza delle sue attività industriali, commerciali e artigianali. In quanto alla Tolleranza, visto che Bologna è stato il primo comune al mondo ad abolire la schiavitù, con il famoso Liber Paradisus, si può dire che sia ormai nel suo DNA anche se un po’ modificato, in peggio, a causa del fatto che ci sono sempre meno opportunità, e bisogna dire anche ricerca, di coinvolgimento, condivisione, compartecipazione nel sociale. una Bologna che ha bisogno di tutti, ma che deve farli sentire utili. E allora bisognerebbe recuperare un senso del civismo diffuso, contro il degrado e l’alienazione di vecchie e nuove generazioni quasi ugualmente sfiduciate. Bisognerebbe agire in maniera più severa e allargata (contro il menefreghismo, per intenderci), per arginare ad esempio il traffico indiscriminato e maleducato, l’inquinamento selvaggio. Per tornare ad avere più fiducia in noi stessi e negli altri.
Bologna è una città che negli ultimi tempi è spesso vissuta di rendite. Rendite, sì, non è un gioco di parole, quelle del passato per una ricchezza non solo economica che nasceva e si sviluppava grazie alla voglia di crescere, investire, rischiare. E’ diventata una città pensionata, con soli rimpianti e poca voglia di ammalarsi della famosa e benefica “Febbre del fare”. Le Tre T possono servire, ma ci devono essere tutte e tre contemporaneamente e importanti al 33,3% ciascuna: dai T Days ai T Years il passo non è lungo né rischioso, basta volerlo fare.
Franco Montorro
20 ottobre 2015