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Lo scrigno dei gioielli della Salumeria Betti
Un piccolo negozio di periferia nel quale si può entrare anche senza aver già fatto scelte: tutto quel che c’è e che sorprende è buono, buonissimo
Definirla Salumeria è riduttivo, perché in questo scrigno gastronomico alla periferia Sud Ovest di Bologna, in Via Treves 44a 100 metri dal confine con la croce i Casalecchio, si cucina e si prepara di tutto e di più ed in fondo prosciutti, salami ed altri insaccati non rappresentano che una minima parte del tesoro proposto da Giovanni Betti, orafo del buon gusto da più di 35 anni. «Mio padre doveva gestire questa attività per tre mesi al massimo – ricorda – nei primissimi anni ’70. Poi siamo andati avanti». Per fortuna, diciamo noi, perché la qualità dell’offerta è altissima, per ogni tipo di proposta e preparazione e il bello di entrare in questo negozio, ogni volta, è il poterlo fare anche senza avere ben in testa che cosa si sta cercando. Come aprire uno scrigno di gioielli e decidere solo al momento se prendere una collana o un braccialetto, dopo essere rimasti sorpresi dalla loro presenza.
Giovanni è una persona conviviale, di quello stampo perduto nel tempo e nella fredda immensità dei supermercati regno del frettoloso e del distaccato. Sempre sorridente, sempre gentile, sempre disposto mentre lavora ad interessarsi alle storie del cliente. E non è un atteggiamento costruito. Con lui lavorano stabilmente tre-quattro persone, con una nota per Mary la “sfoglina” e il suo braccio destro Andrea, un passato e una passione da musicista.
Giovanni è una persona in continuo movimento fra retrobottega, ovvero cucina, e banco dove riassortisce in continuazione. Delizioso è il termine giusto per ogni cosa che abbiamo assaggiato nelle ormai numerose frequentazioni, ma qualche citazione speciale bisogna pur farla. Ad esempio per i tortellini, e il nostro giudizio nasce dall’esperienza di averne mangiati fatti a regola d’arte da nonna e bisnonna, o per gli ottimi tortelloni che possono essere scelti e prenotati con quantità variabile di aglio nell’impasto con la ricotta. Poi, saltando qua e là, il roastbeef tenero e saporito, i pomodori secchi, le palermitane, un ragù da ultimo desiderio, l’assortimento di formaggi, non sconfinato ma mirato, i tarallucci, le verdure grigliate, le polpette con i piselli. La regola di Giovanni nelle spese dai suoi fornitori è semplice: se è buono ok, altrimenti ne faccio a meno.
Mai banali nemmeno i prodotti confezionati, in scatola o sotto vetro, come ad esempio gli interessanti vini Pignoletto e Barbera del Campazzo di Fabrizio Tagliente, sulle colline fuori Bologna.
I prezzi sono anche loro invitanti, considerata la media del rapporto qualità/spesa della ristorazione bolognese. Ad esempio: per cinque abbondanti porzioni di pesce già pronte composte da insalata di mare, baccalà condito al pomodoro, sogliole, palombo impanato, palombo con olive e pomodorini abbiamo speso 35 euro. Spesi bene, benissimo
Voto (da 1 a 10): 9
Franco Montorro
9 Novembre 2015