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Martinelli: «Io la Effe l’avevo salvata»
Considerato come lo starter alla decadenza della Fortitudo, l’ex patron non ci sta e fa qualche precisazione
Buona parte del giudizio bolognese, tifosi e stampa, su Michele Martinelli è negativo, partendo dal presupposto che il declino della Fortitudo sia iniziato sotto la sua breve proprietà, a cavallo fra 2006 e 2007, quando però la squadra biancoblu restò ai vertici della serie A realizzando addirittura il record di tutti i tempi, imbattuto, di incassi della campagna abbonamenti, Incassi, non tessere, ché a Bologna sappiamo bene possono anche essere svendute o regalate a discrezione di chi le emette. Quindi, conoscendo già da tempo certi retroscena, non ci viene da dire “Imputato Martinelli alzatevi”, basta sollecitarlo a ricordare e rilevare, partendo dalla trattativa con Giorgio Seragnoli, nell’estate di nove anni fa.
«Lui si era già un po’ stancato del basket – dice Martinelli – e dalla famiglia erano arrivati pressioni chiare perché la smettesse di buttare denaro nella Fortitudo. Una persona che era stata vicina alla società e uno sponsor gli proposero di rilevare la società, ma avrebbero voluto essere pagati loro, per toglierlo dagli impicci: tre milioni e mezzo di euro e Seragnoli disse di no. Io la presi pagando di tasca mia 500.000 euro».
«Trovai una situazione paradossale, c’era, un sacco di gente a stipendio che nemmeno riusciva a giustificarmi con quale incarico fosse lì. Due aziende fornitrici di servizi che svolgevano, male, lo stesso lavoro ma non in alternanza. Non c’erano grandi debiti, seragnoli aveva sempre provveduto a tutto, ma senza di lui quel sistema non poteva reggere. Io ho cercato di rimettere a posto la situazione, a livelli sostenibili. E non è vero che per farlo dovevamo fare una squadra meno competitiva. ricordo a tutti che quell’anno abbiamo realizzato il primato di abbonamenti realmente pagati. A me bastò meno di un anno per tornare a proporre ad eventuali nuovi acquirenti una società in grado di essere rilevata».
- Da Sacrati
«Aveva voglia, ma dimostrò quasi subito poco coraggio in un ambiente che definirei limaccioso e che per proprio interesse lo convinse ad emulare le onerose gestioni di Seragnoli e quella sì, fu l’inizio della fine».
– Lei sostenne che la stampa locale le fu sempre avversa.
«Due giornali in particolare, perché in me non avevano trovato la stessa complice disponibilità, all’interno del club, di cui avevano goduto, solo loro, in precedenza».
– A quanto ha venduto la Fortitudo a Sacrati?
«Ho fatto una patta con quello che avevo dato a Seragnoli».
– Ma rinunciando, lei ha sempre detto, a 2 milioni di euro per Belinelli
«Roma me ne offriva tanti per Marco, poi alzò di moltissimo la posta per avere anche Mancinelli Bluthenthale e Thomas».
– Perché disse di no?
«Perché non ero venuto a Bologna a fare il liquidatore. La stampa locale, spinta o convinta da qualche agitatore all’interno del club, sostenne che fu Belinelli a rifiutare il trasferimento. Non è vero, il no fu mio».
– Quindi lei non è stato solo una sorta di Joe Tacopina ante litteram?
»Io sono un Don Chisciotte, amavo e amo il basket e mi dispiaceva che una squadra come la Fortitudo potesse venir divorata da degli squali
Franco Montorro
(foto gentilmente concessa da roseto.com)
2 Novembre 2015