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Tarcisio, ma nient’affatto Bertone
Storia di un parroco di periferia e di campagna, ancora capace di indignarsi. Partendo da una chiesetta isolata a Rigosa, quartiere Borgo Panigale
ll massimo a cui posso aspirare nell’aldilà – sempre che esista – è il girone meno peggiore possibile in Purgatorio. E magari mi rileggerò Dante per farmi un’idea del catalogo delle opportunità. Intanto, senza guadagnare bollini per il Paradiso, ma alla solita maniera da cattolico di comodo, alla mezzanotte fra il 24 e il 25 sono andato alla messa nella piccola chiesa di Rigosa, Santa Maria del Carmine, la più dimensionata fra quello in cui credo e quelli in cui soprattutto a Natale non credo. Solito prete celebrante extracomunitario o africano o sudamericano e quest’anno c’era Don Santos, sentori fra Pelè e Jobim.
All’uscita danno anche a me, foresto, il bollettino parrocchiale, che leggo nel pomeriggio di Natale fra la certezza del tortellino in brodo e lo sconcerto sul fatto che la serata TV di San Silvestro su Canale 5 sarà condotta da Gigi D’Alessio.
L’editoriale, sì chiamiamolo così, è del parroco, Don Tarcisio. Nome che a quelli della mia generazione viene istintivamente da collegare al terzino destro nella Nazionale di calcio dei Mondiali 1970: Albertosi, Burgnich (Tarcisio, appunto), Facchetti… Con TB che segnò un gol tanto inatteso quanto fondamentale nell’Italia-Germania 4-3 che è forse ancora il capitolo più importante nella mitologia azzurra. Un difensore arcigno che va all’attacco nei supplementari e fa gol? I luoghi comuni sono cancellati. Un po’ quello che ho pensato leggendo quello che ha scritto Don Tarcisio Nardelli da Rigosa. Non Tarcisio Bertone, proprio no.
Il titolo della lettera aperta è. “Ci vuole una rivoluzione dal basso”. Ecco il testo completo.
«”Uno non si salva per aver dato soldi alla Chiesa, uno si salva per aver dato da mangiare all’affamato, vestito l’ignudo, accolto il forestiero”. Sono parole che ho appena ascoltato da Papa Francesco (…) dove ha aperto la Porta Santa della Carità. Questa è la vera rivoluzione di cui il mondo, l’umanità ha bisogno. La Chiesa non è il Vaticano (se un giorno dovesse bruciare non sarebbe la fine del Cristianesimo, del Vangelo di Gesù). Abbiamo la fortuna di avere un Papa che crede al Magnificat, primo manifesto rivoluzionario, cantato da una ragazzina, madre di dodici, tredici anni.
Abbiamo la gioia di avere un vescovo a Roma che crede nel Discorso della Montagna, nelle Beatitudini, il vero annuncio di salvezza. Abbiamo un papa che vuole introdurre nella Chiesa lo stile del Vangelo, lo stile di Gesù. Ma sappiamo anche quanti (cardinali, vescovi…) lo stanno contrastando, cercando di vanificare le sue riforme (“Speriamo che muoia presto, che si tolga dai piedi”)
Dobbiamo sostenere il Papa! Come la Chiesa di Gerusalemme ha pregato per la liberazione di Pietro, prigioniero di Erode e incatenato in carcere, così noi dobbiamo pregare per papa Francesco perché sia liberato dai lupi rapaci, che sono soprattutto gente che si dice cristiana ma che vive in pieno contrasto con il Vangelo. Perché il Papa vive in un appartamento a Santa Marta di circa 50 metri quadrati, mentre quasi tutti gli appartamenti dei cosiddetti collaboratori del Papa vivono in appartamenti che vanno dai 350 metri quadrati in su?
E allora oltre alla preghiera bisogna avere il coraggio di far partire una vera rivoluzione evangelica dal basso, del popolo di Dio, povero e umile. Dobbiamo vivere da poveri, dobbiamo vivere con i poveri, dobbiamo riconoscere che il il povero è il vero volto di Dio, il bellissimo volto di Gesù.
Rivoluzione dal basso vuol dire che nemmeno un centesimo di quello che diamo per la carità del Papa nel mondo, per aiutare i missionari che spendono la vita per l’annuncio del Vangelo e il servizio dei poveri, venga speso per i privilegi di persone che dovrebbero essere un tutt’uno con papa Francesco nel vivere come Gesù, povero tra i poveri.
Ho 78 anni, ho vissuto giorni difficili, credevo di essere giunto al termine del mio cammino… Com’è bello pensare che per il resto del tempo che mi resta posso partecipare alla rivoluzione che, unica, può salvare il mondo: la rivoluzione dell’amore».
Null’altro da aggiungere di mio, se non : lunga vita a Don Tarcisio Nardelli e a quelli come lui.
Franco Montorro
27 Dicembre 2015