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Tre libri che sono davvero un regalo
Un volume sotto l’albero è sempre una scelta azzeccata, ma non è facile orientarsi nella jungla dei titoli. Ecco tre libri a colpo sicuro
La mitica e purtroppo scomparsa Libreria Parolini negli anni 70 regalava un segnalibro con la frase ammiccante “Un uomo che legge ne vale due”. E anche oggi che le parole più spesso si leggono, la frase ha un suo fascino. E di carta o in versione E-book regalare un libro ha sempre un suo perché. Per Natale poi può togliere da molti impicci e cancellare molti dubbi. Purché corrisponda a due requisiti base: deve piacere a chi lo riceve, deve piacere anche a chi lo dona. Terza regola: deve sorprendere. Perché è facile che un appassionato di calcio bolognese abbia tutta l’opera di Gianfranco Civolani e allora bisogna usare un minimo di fantasia e originalità pensando che nessuna persona è monotematica nei suoi interessi. Il libro regalato migliore è o quello che si è già letto con soddisfazione o quello che magari ci si vorrebbe far prestare.
A noi in questo spicchio di autunno declinante verso l’inverno ci sono piaciute tre opere abbastanza distinte fra di loro, anche se due viaggiano nello scompartimento dei Gialli. La terza, a proposito di viaggi, è una breve ma efficace riflessione dell’inutilità di tanti orpelli e cose inutili che ci portiamo dietro come una zavorra e magari proprio a Natale sarebbe il caso di comprenderlo.
Due di questi volumi hanno già avuto un articolo su bolognain.info e basta citarne titolo e autore, con il consiglio di leggerli e farli leggere: “Solo bagaglio a mano” di Gabriele Romagnoli e “Saxa Rubra” di Danila Comastri Montanari. Bolognesi tutti e due, ma in trasferta, perché il primo è un giornalista globetrotter e la seconda scrive una serie ambientata nell’antica Roma e imperniata su un personaggio tanto immaginario, il senatore Publio Aurelio Stazio, quanto reso vivido e attuale dall’abilità di Danila.
Il terzo più bel libro dell’anno – ché altrimenti non ve l’avremmo raccontato – fa anch’esso parte di una serie. Si chiama “Anime di vetro” (già il titolo è da cristallo di Boemia), lo ha scritto Maurizio De Giovanni ed è ambientato nella Napoli dei primi anni 30 ed ha come protagonista un giovane nobile che non si cura del suo immenso patrimonio ma entra in Polizia, anche perché tormentato da una capacità extrasensoriale: riesce a sentire le ultime parole di una persona morta in maniera violenta, quando si trova sul luogo del decesso. Questo tormento condiziona anche la sua vita affettiva, perché rischia di perdere la ragazza che ama, riamato, e alla quale non si è mai confessato proprio per il timore di coinvolgerla nella quasi follia di questo suo status di veggente.
La Napoli del Commissario Ricciardi è descritta in maniera magistrale, come a teatro avrebbe potuto fare Eduardo De Filippo o in letteratura Curzio Malaparte in “La pelle” e la trama – gialla di fondo, ma non solo – fa immergere in una città e in un’Italia che, dittatura fascista a parte, non è poi molto diversa da quella di oggi.
Nella foto, Maurizio De Giovanni con Riccardo Scamarcio, che da tempo viene indicato come il più probabile interprete del Commissario Ricciardi in una fiction TV.
Franco Montorro
23 Novembre 2015