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Virtus specchio di una città
Mercoledì 4 la Virtus Pallacanestro potrebbe subire la prima retrocessione sul campo. Altro esempio di una città in disfacimento da oltre 15 anni
Uno che segue il basket e non importa che se ne intenda può dare un’occhiata alla classifica di Serie A e all’albo d’oro e scoprire che tutte le squadre che hanno vinto lo scudetto dal 1990 ad oggi o sono in cattive acque o lo sono state. E’ successo anche nel campionato di calcio, dove è accaduto che in 25 anni sparissero o crollassero Juventus, Milan, Fiorentina, Napoli.
La settimana drammatica adesso è della Virtus, seconda per numero di scudetti e mai retrocessa sul campo, perché nel 2003 fu radiata per poi ripartire. Vicende note. Io non credo che la Virtus possa vincere a Reggio Emilia e quindi guadagnare la salvezza per conto proprio. Le può andare bene anche perdendo, grazie a una concatenazione di risultati, ma resta l’idea comune della squadra più scarsa della storia. I colpevoli sono noti e la mancanza di pecunia non è una scusa, perché come è noto ci sono club che spendono follie per non vincere niente. La pallacanestro non è matematica, ma un po’ di logica la comprende e se le squadre non le sai assemblare e poi gestire, gli insuccessi sono garantiti.
Certo che questa Virtus è un po’ lo specchio della Bologna di oggi e nemmeno la Fortitudo, passata dai fasti dell’epoca Seragnoli all’arrancare di oggi e parliamo di questioni finanziarie rese quasi più amare dal declino personale, in materia, del generoso Emiro per un decennio. Il Bologna calcio respira perché ci ha intravisto il giochino un benemerito che probabilmente fino all’altro ieri nemmeno sapeva nulla di Bologna tranne gli spaghetti alla bolognese. Ma Bologna in sé e per sé, città sempre più vecchia e non solo d’età, che vive di rendite è rappresentata perfettamente dal declino del suo sport di vertice. Che soprattutto nel basket soffre per mancanza di capacità imprenditoriale, di lungimiranza, di acume e forse anche della sindrome dell’asticella. E questo mi pare valga anche in politica. Che cos’è la sindrome dell’asticella? E’ tenere il livello basso, non accettare idee nuove e contemporaneamente rinnegare gli esempi del passato (Dozza e Porelli, tanto per dire) e questo perché la mediocrità regni sovrana e quelli che un tempo sarebbero stati al massimo sergenti oggi si possano sentire generali. In medio stat Virtus? In mediocritate stat Bononia. Che a differenza delle Vu Nere è già retrocessa.
Franco Montorro
28 Aprile 2016