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Gioco d’azzardo? No, grazie
Pierluigi Contucci, docente al Dipartimento di Matematica dell’Università, mette in guardia su un sogno che per molti è ormai diventato un incubo
Una speranza diventata un’ossessione, un sogno trasformato in incubo quello legato – e il legame può diventare una catena – al gioco d’azzardo, espressione che evoca fumosi tavoli da poker o equivoche sale da roulette, ma che invece ha conquistato una sua quotidianità ad ogni angolo di strada. Un meccanismo illusorio e perverso, che il Professor Contucci su www.possibile.com svela e rivela così: «Una volta c’era la lotteria di Capodanno. Con un biglietto si poteva sognare di diventare milionari. Ma qualcosa è cambiato. L’occasione ludica si è trasformata in un’ossessione compulsiva e il sonno negli anni è ormai diventato un incubo. Le somme giocate annualmente sono di molte decine di miliardi di euro, oltre 80 miliardi nel 2014. Il cittadino italiano fa uno sforzo economico verso l’azzardo tra i più alti al mondo, per ogni cento euro che guadagna ne gioca infatti oltre dieci. La ludopatia è la nuova allarmante forma di dipendenza i cui sintomi sono famiglie rovinate e aziende distrutte. In altre occasioni ho scritto sui giochi d’azzardo spiegando che essi non sono mai equi, che il giocatore vince sempre e il giocatore perde quasi sistematicamente. Ho mostrato anche che la tendenza al gioco è significatimente più bassa tra le persone con una solida cultura scientifica. Questo fatto di per sé dice che, anche ostinandosi a considerare l’azzardo come una tassazione volontaria, bisognerebbe ammettere che come tassa è solo una vigliaccata che grava sulle spalle delle fasce più deboli e meno informate.
Ma c’è una cosa che non viene mai ripetuta abbastanza e che è importante ribadire in questo momento di attesa della nuova legge finanziaria. E’ vero che l’azzardo porta del contante nelle assetate casse erariali del nostro paese, ma lo fa secondo un’imposta media che l’anno scorso non ha superato il 10%. Alle imprese e ai cittadini il Governo chiede mediamente il 30%. Questo significa che se invece di giocare andassimo al cinema, a cena fuori o a farci un viaggio lo Stato incasserebbe almeno il triplo.
Poi, posto che il proibizionismo non solo non funziona ma in questo caso potrebbe rivelarsi anche controproducente, chiediamo a chi ci governa di ridurre progressivamente la pubblicità come si è fatto col fumo, di tenere le sale da gioco lontane da scuole e centri di aggregazione di giovani e di anziani. Chiediamo di investire i proventi del gioco a favore delle cure per la ludopatia e soprattutto della sua prevenzione. Un modo per prevenire è quello di promuovere e consolidare la cultura scientifica del Paese, uno strumento basilare per fare scelte informate e responsabili».
Franco Montorro
26 ottobre 2015