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Zona Stadio, la casa moderna
Un complesso di case capolavoro del razionalismo, a poche centinaia di metri dallo stadio, inaugurato nel ’38 e oggi purtroppo un po’ in degrado
Premessa: si parla di architettura e di razionalismo, che negli anni ’30 era un movimento internazionale anche se oggi in Italia lo si liquida, da ogni parte con il termine “fascista”. No, quello semmai appartiene alle visioni ben riassunte e interpretate dall’architetto Piacentini e ritorno allo stile antico romano conviveva bene con le proposte molto diverse anche se sempre essenziali di un’altra scuola.
Bologna ha molti edifici all’insegna del razionalismo, ad esempio quello del Liceo Righi in Viale Pepoli e della casa intermedia fra la scuola e Porta Saragozza che però sono esempi di una tendenza curvilinea che spesso si esprime anche con finestre rotonde ad oblò.
Poche centinaia di metri più a Ovest, nel 1938 fu invece inaugurato un complesso di case ritenute in maniera diffusa un piccolo capolavoro di modernità. Una decina d’anni prima, poco più in là rispetto al centro era stato edificato lo Stadio Comunale – allora Littoriale oggi Dall’Ara – e in una zona ancora molto periferica si pensò alla costruzione di una città-giardino poi realizzata con criteri di modernità assoluta. Nel 2014 l’Ordine degli Architetti organizzò in materia l’esposizione “Villaggio della rivoluzione. La città moderna”. leggiamo, dalla presentazione curata da Pier Giorgio Giannelli e Daniele Vincenzi: «Un villaggio destinato alle “famiglie dei caduti, mutilati e feriti della rivoluzione fascista” realizzato dallo IACP. E’un progetto con il quale l’architetto Francesco Santini (bolognese, ndr) sperimenta i canoni del razionalismo, applicandoli in modo coerente e compiuto, secondo gli indirizzi più avanzati della cultura progettuale nazionale ed europea».
Insomma, qualcosa di notevole al di là del contesto politico degli anni in cui fu realizzato, ma oggi in stato conservativo precario. Ancora abitato ma abbastanza degradato e qualcosa andrebbe fatto o indotto, non fosse anche perché il complesso generale oggi si chiama Parco Zangheri, che se avesse potuto avrebbe fatto, senza dimenticare che Francesco Santini era un architetto bolognese che lavorò molto di più nel dopoguerra che prima, fino alla sua scomparsa nel 1976.
Lorenzo Gioberdi
1 Marzo 2016